Picco glicemico e picco lipemico - La Palestra

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Fitness

Picco glicemico e picco lipemico

Che cosa sono? Come si calcolano? E quali livelli ci devono mettere in guardia per scongiurare l’accumulo di tessuto adiposo e problemi alla salute?

Alla variazione dei livelli glicemici post prandiali sono collegate risposte metaboliche ed ormonali che condizionano l’aumento della massa adiposa. La glicemia post prandiale può presentare dei valori anomali anche in soggetti che hanno livelli normali di glicemia a digiuno, questo è soprattutto un problema legato all’invecchiamento, che causa una ridotta tolleranza al glucosio, quindi un anziano apparentemente sano farebbe bene comunque a tenere bassi indice e carico glicemico dei pasti.
I livelli di glucosio nel sangue durante la giornata seguono un andamento altalenante, in relazione ai pasti ed alla loro composizione; l’insulina è l’ormone endogeno che subisce più variazioni nell’arco temporale. I livelli più bassi di glicemia si hanno in condizioni di digiuno, o in condizione di deplezione dei carboidrati, mentre i livelli più elevati si raggiungono dopo 1 ora, 1 ora e ½ dalla fine del pasto e ritornano nella norma nel giro di circa 2 ore. I livelli glicemici post prandiali sono collegati alla quantità e alla qualità del cibo ingerito. La rapidità e l’entità del picco glicemico causa maggiore o minore secrezione di insulina, la quale, in presenza di iperglicemia, condiziona l’aumento del pannicolo adiposo.

Ciascuno di noi ha un suo picco glicemico post prandiale, dovuto a:
– Scelta degli alimenti ingeriti
– Capacità di digestione e assorbimento dei nutrienti a livello dell’intestino tenue
– Assetto metabolico e ormonale
– Salute e quindi buon funzionamento del fegato
– Attività motoria e lavorativa
– Composizione corporea, con una maggior massa magra si ha una migliore assimilazione dei nutrienti, mentre una massa grassa elevata porta a resistenza all’insulina, infiammazione cronica, cattiva assimilazione dei nutrienti, metabolismo rallentato, aumento ulteriore della massa adiposa.

Le conseguenze di una glicemia elevata
Con l’invecchiamento, i livelli di glicemia post prandiale tendono a rimanere più elevati rispetto alla norma, a causa dell’aumentata resistenza all’insulina, il che favorisce l’accumulo del tessuto adiposo e l’obesità. Occorre quindi evitare picchi glicemici, seguiti da picchi di insulina, tramite una dieta appropriata ed una regolare assunzione di fibre. Se la glicemia permane a livelli troppo elevati (oltre 140 mg/100ml) si determina una condizione patologica che porta e conseguenze devastanti:

1) maggior accumulo di glucosio negli adipociti, con conseguente aumento della massa adiposa

2) maggior accumulo di glucosio nei neuroni cerebrali (glucotossicità), con conseguente deterioramento e morte neuronale

3) blocco della Lipasi Ormono Sensibile (HSL, presente all’interno degli adipociti) a causa dell’insulina, per cui gli acidi grassi liberi (FFA) non possono uscire dagli adipociti, con incremento della lipogenesi

4) blocco dell’uscita del glucosio dagli epatociti, con comparsa di steatosi epatica (fegato grasso)

5) insulino resistenza, con sarcopenia (catabolismo delle strutture muscolari) e riduzione della sintesi proteica

6) stato di infiammazione cronica (l’infiammazione è alla base di tutti processi degenerativi).

C’è quindi una relazione diretta tra la glicemia post prandiale, l’obesità, le malattie cardiovascolari, le patologie croniche e degenerative, lo stato di decadenza funzionale ed estetica.

Il picco lipemico
È dato dalla presenza nel sangue di trigliceridi, colesterolo, fosfolipidi, acidi grassi liberi, provenienti dall’intestino e dal fegato. Si verifica a distanza di 4–6 ore dal pasto, a seguito del picco glicemico, dal quale pare essere influenzato, così come è influenzato dall’ipoglicemia e dal conseguente dimagrimento, a causa degli FFA (Free Fatty Acids) rilasciati dalle cellule adipose.

Il profilo lipemico post prandiale è costituito nel seguente modo:
1 chilomicroni
2 Vldl
3 Ldl
4 hdl
5 Ffa

Un’eccessiva liberazione di FFA porta però ad un blocco della lipolisi, con inibizione del rilascio degli acidi grassi dalle cellule adipose. Questo è un meccanismo di difesa che va tenuto presente nelle strategie di dimagrimento: diete troppo drastiche o tagli calorici troppo bruschi portano ad ottenere l’effetto opposto. Un kg di massa grassa consente un rilascio di 5,6 grammi di FFA. Una concentrazione troppo elevata di FFA nel sangue causa un adattamento metabolico, con riduzione, fino al blocco della lipolisi e della perdita di peso, a causa dell’elevata lipemia ematica. Con una lipemia elevata non si dimagrisce!

La persistenza elevata nel circolo sanguigno dei grassi citati in precedenza determina l’iperlipemia post prandiale, che ha un’influenza sulle patologie cardiovascolari.

Due lipasi (enzimi in grado di attivare l’idrolisi dei lipidi) rimuovono i lipidi dal sangue:

– Lipasi lipoproteica (LPL), che agisce sulle parti più voluminose

– Lipasi epatica (LE) che agisce sulle parti più piccole.

Il periodo post prandiale è la fase che ha più influenza sulla salute dell’organismo ed è condizionata dal picco glicemico, che avviene entro 2 ore dal pasto e dal picco lipemico, influenzato da quello glicemico, che avviene dopo 4, 6 ore dal pasto.

L’iperlipemia post prandiale altera l’integrità dell’endotelio cardiovascolare, determinando vasocostrizione e portando ad uno stato infiammatorio e pre coagulativo. L’insulino resistenza contribuisce in maniera determinante ad innalzare il picco lipemico.

CONSIGLI PRATICI

– Fate piccoli pasti, ogni 3 ore circa

– Fate in modo che i carboidrati dei vostri pasti siano a basso indice glicemico e a basso carico glicemico

– Prediligete come fonte dei carboidrati quelli ancestrali: verdura e frutta

– Quanto sopra permette anche di mantenere un corretto equilibrio acido basico, con conseguenze positive per la salute

– Ricordatevi che la presenza di fibre abbassa sia l’indice che il carico glicemico, di conseguenza, preferite i cereali integrali

– Nella scelta dei grassi, date la prevalenza a quelli polinsaturi, limitando il più possibile quelli saturi.

Prof. Roberto Calcagno


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