Una palestra verde e senza sprechi - La Palestra

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Gestione

Una palestra verde e senza sprechi

Si può coniugare l’esigenza di risparmio con l’attenzione all’ambiente, cominciando da azioni quotidiane e individuali. Ecco qualche esempio ed alcune riflessioni in merito.

Tra protocolli di Kyoto e effetti serra, negli ultimi 30 anni l’attenzione verso le dinamiche ambientali in ogni attività umana è esponenzialmente aumentata fino a debordare. Gli ecologisti, fino a non troppi anni fa visti come simpatiche e chiassose specie in via di estinzione, sono ora nelle stanze dei bottoni e dettano le agende della vita politica e imprenditoriale. Se ciò è accaduto, una ragione c’è: la capacità umana di distruggere e rovinare sistematicamente e irrimediabilmente l’ambiente che lo circonda è innata e, alla lunga, autopunitiva. I comportamenti ecologici, anche all’interno delle strutture aziendali, si moltiplicano vertiginosamente e raccolgono consensi tanto da marchiare indelebilmente in modo negativo chi non si adegua ai nuovi ritmi di vita. Le palestre, templi della cura del corpo e dell’attenzione ai ritmi naturali dell’esistenza, sembrerebbero i luoghi cardine di una visione del mondo così vicina alla natura e attenta agli sprechi. Ma se si osserva con attenzione, non è così.
Lo spreco di acqua calda, le luci perennemente accese, gli attrezzi cardio alimentati da elettricità, sono tutti fattori che stridono con l’attenzione alle ragioni dell’ambiente, oltre a rappresentare una componente importante dei costi sostenuti annualmente all’interno di un centro fitness:
regolarli ecologicamente può dunque essere anche una valvola per migliorare il conto economico della palestra.

Suggerimenti concreti

Partiamo dagli sprechi. L’acqua, bene prezioso per eccellenza, viene molto spesso usata in modo scriteriato dai clienti delle palestre, con docce perennemente aperte anche senza motivo. Anni fa molte palestre avevano le docce a gettone, e nessuno se ne lamentava. Ora tale usanza è prerogativa solo delle cosiddette palestre low cost, centri che vengono guardati con sufficienza dalla maggior parte dei titolari del settore ma che, in questo modo, coniugano l’esigenza di risparmio con l’attenzione all’ambiente. Anche senza voler giungere all’oltranzismo di far pagare per ogni doccia (ricordiamoci che “low cost” significa anche un valore dell’abbonamento annuale inferiore del 70% a quello dei listini normali), si può inserire una sorta di misuratore dell’erogazione che tempifichi il getto d’acqua e lo annulli dopo un certo lasso di tempo; più o meno, se mi si passa l’esempio prosaico, come molti lavandini di strutture pubbliche o bar, provvisti di sensori che rilevano la presenza della mano e, conseguentemente, fanno partire l’acqua per il tempo necessario al lavaggio.
L’elettricità
è l’altro fattore di maggiore costo/spreco da tenere presente. Senza volerci addentrare in questioni tecniche che non ci competono, l’installazione di pannelli fotovoltaici sui tetti o sulle facciate della palestra, ove possibile (spesso infatti i centri fitness non hanno a disposizione un proprio tetto, essendo ospitati in condomini), permette di produrre energia a basso costo e rinnovabile, di garantirsi sgravi fiscali per gli anni successivi all’investimento e di rivendere l’energia prodotta.
Il costo di tali impianti è spesso elevato (a seconda della dimensione e della capacità produttiva, si va nell’ordine di alcune decine di migliaia di euro, peraltro interamente finanziabili grazie ad accordi intercorsi tra il Ministero dell’Ambiente e i migliori gruppi bancari), ma alcuni calcoli hanno dimostrato che nel corso dei canonici 10 anni di sgravio d’imposta tale investimento viene ammortizzato, e per i successivi 20 anni (tale è la vita media di un impianto fotovoltaico) l’energia prodotta è praticamente gratuita grazie alla sua rinnovabilità e alla possibilità di rivenderla al gestore. La mancata emissione di anidride carbonica nell’ambiente è una scelta non solo responsabile nei confronti dell’ambiente, ma anche socialmente apprezzata e, dunque, da ben pubblicizzare per comunicare all’esterno l’attenzione della palestra alle tematiche ambientali e far avvicinare nuovi clienti alla struttura.

Qualche esempio

Si potrebbe osservare inoltre che, come dice la parola stessa, l’energia cinetica deriva dal movimento. Adam Boesel, titolare di una palestra statunitense di Portland, la Green Microgym, ha tradotto tale concetto in realtà: collegando quattro cyclette ad altrettanti generatori, ha fatto sì che, appena l’utente inizia a pedalare, si accenda un pannello digitale che visualizza la quantità di energia in watt prodotta dal movimento delle gambe e da una leva predisposta per l’allenamento delle braccia. La quantità di energia generabile è minima, nell’ordine dei 600 watt, ma l’esperimento si può allargare, se è vero che alla California Fitness Club di Hong Kong la stessa procedura è stata posta in essere nei confronti di 13 attrezzi ginnici ognuno dei quali è stato collegato a una lampadina a risparmio energetico.
Il buongiorno si vede dal mattino, e tali esperimenti pionieristici possono aprire la strada a nuove esperienze di questo tipo e produrre nuove idee per risparmiare ed eco-compatibili. In altri ambiti, d’altronde, lo sfruttamento del movimento corporeo come fonte di calore raggiunge soluzioni di inusitata eleganza, a partire dal Club4climate di Londra, una discoteca il cui pavimento è sostenuto da una serie di molle che azionano generatori a cristalli capaci di produrre una piccola quantità di energia, per giungere al nuovo Teatro di Prosa di Copenhagen, riscaldato d’inverno per il 40% tramite l’uso del calore delle luci dei palcoscenici e del corpo degli spettatori. Un’interessante evoluzione del trade-off tra energia cinetica ed energia elettrica è stato lo sviluppo, avvenuto negli ultimi 5 anni, dei tapis-roulant usati per le classi di walking, succedanee allo spinning, che simulano l’andamento di una camminata sfruttando solamente il movimento dei muscoli delle gambe.

La loro introduzione all’interno anche delle sale attrezzi si sta facendo strada in alcuni centri fitness, con una conseguente diminuzione dei consumi elettrici anche ove non si siano scelte innovazioni tecnologiche di altro tipo. Sebbene non si possa impostare un allenamento predeterminato, e quindi necessitino in ogni caso di un trainer che ne controlli l’uso (a meno che i clienti non siano autonomi in questo), i risultati possono essere molto simili a quelli ottenibili con l’uso di attrezzature “tradizionali” e, soprattutto, senza spreco di elettricità. I clienti dei nostri centri fitness non sono attori passivi in questa innovazione tecnologica che porta ad un’ecosostenibilità del settore fitness.

Al contrario, possono fare molto per incoraggiarla: chiedendo e cercando una raccolta differenziata dei rifiuti all’interno della palestra, evitando gli sprechi di acqua ove l’uso delle docce sia del tutto libero (ed è la stragrande maggioranza delle situazioni attuali), o anche usando le attrezzature del centro in maniera funzionale e solo quando vi sia una necessità chiara e sicura; a volte è capitato di vedere impianti, come idromassaggio e sauna, che vengono accesi solo su prenotazione con largo anticipo da parte dei titolari del club per evitare costi e sprechi, prenotati da clienti che poi non si sono presentati in palestra senza neppure disdire la prenotazione. A costo di sembrare pedanti e poco customer oriented (anche perché a volte l’uso di sauna e idromassaggio è già compreso negli abbonamenti open e, quindi, del tutto libero anche se sottoposto a prenotazione), si può perfino pensare di introdurre una mini-multa “ecologica” nei confronti di persone così poco accorte e rispettose, purché, naturalmente, questo sia portato a conoscenza di tutti preventivamente e in maniera chiara e sincera.
Ci rendiamo conto che questi piccoli esempi sono gocce in un oceano deteriorato dalla presenza distruttiva dell’uomo, ma il miglioramento delle condizioni dell’ambiente in cui viviamo deriva da minimi comportamenti individuali più che da movimenti di masse di persone; e d’altronde, per restare nella metafora, è la somma delle gocce che fa un oceano. Il quale può rimanere blu, se solo lo vogliamo.

Davide Verrazzani

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